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Rinnovo contratto pochi soldi

Contratto: ci sono 10 anni di mancati rinnovi e l’inflazione da recuperare

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I Sindacati hanno ragione, servono più fondi per il rinnovo dei contratti Comparto Difesa e Sicurezza

Il rinnovo dei contratti per i Comparti Difesa e Sicurezza prosegue con una negoziazione che non vede un punto d’incontro tra le parti, Sindacati e Governo ancora distanti tra di loro.

Il partito politico della maggioranza di Governo, sta attuando una campagna di informazione propinando cifre di aumenti mai concordati, oltretutto inclusivi di ogni parte, ovvero fondamentali e accessorie. Numeri che rasentano il surreale con valori differenti, proposti in diversi momenti da quando è aperto il tavolo negoziale. Si va dai 163 euro fino a 196 euro di aumento in media. Valori irreali che si discostano da quelli veri proposti dal Dicastero della Funzione Pubblica, con incrementi in busta paga che supera di poco 66 euro mensili (valore medio).

La fermezza dei Sindacati

Tutti i sindacati con tenacia e fermezza ribadiscono ai tavoli tecnici la scarsità delle risorse messe a disposizione, concetti poi confermati con comunicati stampa, anche congiunti (reperibili sui vari siti delle organizzazioni sindacali). Permane quindi la volontà dei Sindacati di utilizzare gli stanziamenti dei fondi definiti con la legge di bilancio per il 2024, quindi per supportare solo gli aumenti di voci stipendiali fisse e continuative, cioè i famosi fondamentali a differenza di quelli proposti dalla Funzione Pubblica.

Sovente, i rappresentanti sindacali citano il blocco stipendiale avuto per circa un decennio a causa della politica restrittiva dell’Unione Europea che portarono il Governo Monti a scelte drastiche, tra cui anche la riforma della pensioni (legge Fornero) che ancora oggi suscita perplessità tra i lavoratori in divisa e non.

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Da uno studio di alcuni dei precedenti rinnovi contrattuali, si riscontra che ogni contratto ha portato a regime aumenti lordi di circa 100 euro (valori medi), mai cifre più alte seppure in presenza di un costo della vita crescente, quindi con inflazione nettamente superiore in percentuale all’incremento stipendiale.

L’analisi dei precedenti contratti

La tabella che segue, riporta in modo sintetico e schematico 4 dei precedenti contratti del comparto difesa. L’analisi considera il valore massimo relativo al grado più alto (capitano) e il valore minimo relativo al grado più basso (primo caporale) per ogni periodo considerato e l’equivalente media tra i due valori.

Lo scopo di questo schema è dimostrare come in presenza di periodi critici, l’incremento stipendiale sia sempre stato inferiore alle aspettative, ma soprattutto al contingente aumento del costo della vita dei periodi in esame.

Analisi contratti difesa

Infatti, come si evince, gli aumenti medi sono di circa 100 euro lordi; per ogni contratto è indicato il valore percentuale dell’inflazione del periodo in esame e quello precedente, in un caso quelli successivi (valido solo per il rinnovo 2022/2024 in contrattazione); l’incremento percentuale dell’inflazione è sempre superiore agli aumenti corrisposti.

Da notare, tra il rinnovo del contratto relativo al biennio 2008/2009, entrato in vigore con D.P.R. 185 del 01/10/2010 ed il successivo rinnovo, triennio 2016/2018 entrato in vigore con D.P.R. 40 del 15/03/2018, sono trascorsi circa 10 anni.

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Questi dieci anni è il famoso periodo del blocco subito dai militari, causando un mancato adeguamento stipendiale, quantificabile a circa 200 euro lordi mensili a regime per tutto il periodo del blocco. La valorizzazione è fatta per 2 ipotetici rinnovi di contratto, senza però considerare l’inflazione del periodo salita fino all’8,84%; quindi, doppia beffa per i dipendenti pubblici.

Importante evidenziare che ogni contratto al momento del rinnovo assorbe totalmente la vacanza contrattuale, (normalmente pochi euro) e validi per i primi due anni, mentre il terzo vede l’aumento effettivo a regime. Analizzando i vari Decreti, i militari perdono per ogni rinnovo due anni di contratto, riducendo ancor di più i benefici economici in relazione al costo della vita.

Più fondi per recuperare 10 anni di blocco e inflazione alle stelle

Sarebbero necessari aumenti stipendiali più consistenti, dato il congelamento dei rinnovi tra il 2008 e il 2010 e il notevole aumento dell’inflazione soprattutto degli ultimi tre anni. Difficile da auspicare, e forse ancor più difficile da attuare da parte del Governo e Dipartimento della Funzione Pubblica, più probabile avvicinarsi alle richieste dei sindacati e utilizzare la quasi totalità dei fondi stanziati solo per l’aumento degli stipendi. Poi necessariamente ricercare ulteriori fondi per le voci accessorie (operatività).

La posizione del Governo, al momento, che tende ad utilizzare parte dei fondi stanziati per gli aumenti salariali anche per le voci accessorie, pare sia percepita dalle parti sociali come una scelta inadeguata.

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Le voci accessorie comprendono CFI, CFG, FESI e straordinari. Proprio per le remunerazioni degli straordinari, una quota significativa solitamente pare sia utilizzata per il pagamento delle ore eccedenti svolte dai dirigenti, che non sono interessati da questa procedura di rinnovo, togliendo perciò soldi al personale contrattualizzato. Oltre ciò, anche la gestione dei CFI, non sempre omogena, generando così disparità di trattamento tra il personale suscita perplessità tra i Sindacati.

Allora, pare corretto quando i rappresentanti sindacali sostengono che il Governo stia cercando di coprire i costi dell’operatività delle Forze Armate sottraendo denaro ai militari e alle loro famiglie, cioè tagliando fondi per gli stipendi.

Il divario tra il congelamento decennale degli stipendi aggiunti agli aumenti del costo della vita, indicati dall’indice di inflazione, in qualche modo deve essere colmato o ridotto il più possibile per garantire un recupero del potere d’acquisto rispetto al caro vita, così da rendere più dignità alle famiglie dei militari.

Inoltre, resta da discutere ancora la parte normativa del contratto che se povera di fondi, saranno attuate solo le proposte senza impatto economico, quindi a costo zero.

fonte dati inflazione: https://www.inflation.eu/it/tassi-di-inflazione/italia/inflazione-storica/cpi-inflazione-italia.aspx

immagine: freepic

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