Stipendi e Pensioni in pericolo, da giugno l’Italia rischia la procedura d’infrazione
Inizia a prendere coscienza anche tra i media che l’Italia vivrà una estate molto calda dal punto di vista dei conti pubblici. Sono a rischio anche gli aumenti di stipendio e le pensioni, come tanti altri provvedimenti presi dal Governo e che incidono sul bilancio statale.
L’Unione Europea, già da tempo ha messo in guardia il Governo di attenersi a quelli che sono i parametri stabiliti, mai decaduti, forse solo sospesi a causa del Covid, ma ritornati attivi dopo la normalizzazione della pandemia.
Così, misure che dovevano essere un aiuto ai più deboli potrebbero essere sacrificate per riportate i conti nella quadra dei parametri europei e non subire la procedura d’infrazione. Il cuneo fiscale, il taglio delle aliquote sono già parte del programma del Governo e la prossima legge di Bilancio dovrebbe mantenere le due misure attive.
Allora da dove arriveranno i soldi per far fronte a tutte le esigenze?
I fondi per i rinnovi dei contratti del publico impiego sono stanziati da tempo (1,5 miliardi solo per difesa e sicurezza), ma da parte dei sindacati i fondi sono insufficienti. Infatti, le cifre stabilite e già ripartite per il personale delle Forze Armate, di Polizia e Vigili del Fuoco non consentono il pieno recupero dell’inflazione salita ai massimi livelli tra il 2022 e il 2023.
Così i sindacati di comparto sono in agitazione. Mentre il governo spinge per la chiusura dei rinnovi contrattuali entro giugno, i sindacati spingono per avere maggiori risorse. Dalla loro parte, vi sono 10 anni di blocco stipendiale dal 2010, che hanno portato gli stipendi di militari, poliziotti e dipendenti pubblici tendenzialmente al ribasso, la perdita di potere d’acquisto ha fatto il resto. Oggi per ogni 1000 euro di stipendio si comprano beni solo per 800€.
Perciò, se si aumentano le risorse per gli stipendi dei ruoli non dirigenti, per forza di cosa, il Governo dovrà rinunciare ad altri benefici per i cittadini. Quindi, il taglio del cuneo fiscale e gli scaglioni delle aliquote irpef potrebbero ritornare ai valore pre modifica. Di conseguenza tutti gli stipendi e le pensioni avrebbero un maggiore carico fiscale, limitando nuovamente il potere d’acquisto.
Sarebbe bello se i governanti la pensassero come quelle aziende che durante il covid, pur di aiutare i dipendenti con un reddito più basso, tagliarono i costi riducendo o eliminando gli aumenti di Stipendi e compensi accessori ai Dirigenti, utilizzando poi quei fondi per gli stipendi di impiegati e operai, quindi per i redditi più bassi e maggiormente sofferenti al caro vita. UTOPIA.
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